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"E adesso poveri «liberali»?", forse sì
http://www.adaptive.it/ph/modpot.htm
by Bruno Caudana

A proposito di "E adesso poveri «liberali»?" di Gianni Vattimo su LA STAMPA del 1-NOV-2004.

Non so. Non mi pare così semplice come lei dice. Se lo scacco che il risorto Tomismo del «filosofo Wojtyla» ha dato ai laici si riducesse solo alla distruzione della "cultura liberale laica", e non investisse la radice della proclamazione dei "diritti civili", sarei poco preoccupato, fossi in lei.

Se accettiamo il primato Galileiano dell'osservazione come criterio aperto per discriminare la verità di una teoria, oggi possiamo facilmente smontare la pretesa di fondare sulla verità di una «legge naturale» qualsiasi ragionamento etico. Conseguentemente però questo distrugge OGNI possibile formulazione etica normativa. Trovo che ci siano ragioni forti e convincenti per pensare che sia così: cioè che l'etica sia una enorme trappola concettuale. Ho argomentato a lungo su come il pensiero biologico distrugga la possibilità di fare ragionamenti etici sensati. Non ripeto e rimando: http://www.adaptive.it/home.htm

Non mi convince però la riduzione della questione al tentativo di difendere l'economia capitalista con le sue ipotetiche strutture portanti (struttura patriarcale della famiglia, ecc.). Non so dire del «filosofo» Marcello Pera e di altri laici. Ma a me pare di aver visto Giuliano Ferrara sinceramente sconvolto di fronte alla dissoluzione del concetto di UOMO (inteso come quell'entità generale ed astratta che abbiamo ereditato dalla tradizione greca e cristiana). Si tratta di una dissoluzione che il pensiero biologico ci mostra chiaramente e in modo irreversibile, usando con coerenza il primato dell'osservazione. Si coglie spavento di fronte a ciò, che viene disperatamente contrastato affermando il primato dell'etica (moderna declinazione del primato della parola di Dio), di cui cristiani e islamici sono raffinati cultori e maestri. Non si sente forse dappertutto invocare il primato della bio-etica, della tecno-etica, ecc. fino al fantasmatico "Principio di Precauzione" invocato da Verdi e altra sinistra? In genere questa invocazione del primato dell'etica prende la forma della domanda: "È lecito fare tutto ciò che si sa fare?", senza fare la minima disamina critica del concetto di LICEITÀ.

Ma assume il primato dell'etica rispetto al primato dell'osservazione anche chi, da sedicente laico, pretende di far valere come buona e giusta in astratto una certa formulazione dei "diritti civili", anziché come solo storicamente VOLUTA da soggetti identificabili. Se però quei "diritti civili" sono solo storicamente VOLUTI da alcuni soggetti, e non tali per una qualche NATURA di matrice Aristotelica, sono anche negabili a pari titolo, o differenti "diritti civili" sono affermabili a pari titolo. A lei che è filosofo senza virgolette penso non sfuggano queste sottigliezze. Dove fonda la pretesa di far valere i "diritti civili" che VUOLE a scapito di altri (ad esempio: quelli che VUOLE Rocco Buttiglione)? Non sulla NATURA umana, che abbiamo visto dissolta dalla biologia. Forse nel non luogo dell'U-TOPIA? Pensa così di convincere chi adotta il primato dell'osservazione?

Mi sembra un peccato se noi atei, materialisti e libertari perdiamo l'occasione per riflettere a fondo sui nostri presunti fondamenti in materia di etica e diritti. Anche a costo di scoprire di non averne alcuno, mostrando così che non ne ha alcuno chi pure pretende di averne. Ma questo non formulerà mai una proposta politica, che resta radicata nella allucinazione teologica o nell'arbitrio.

Saluti.
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Bruno CAUDANA
b.caudana@ieee.org


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